Intervento di Massimiliano Minelli. Territori e politiche di salute: scenari contraddittori nella sindemia

Massimiliano Minelli
28.03.2021

Grazie, sono molto felice di poter partecipare a questa discussione, a questo dibattito, e intervenire appunto in un breve intervento anche proprio facendo seguito agli elementi che sono stati introdotti. E innanzi tutto questo riferimento finale di Giorgio alle ineguaglianze mi consente proprio di focalizzare quello che è il mio contributo, che se vogliamo è proprio un tentativo di fare una proposta di come leggere antropologicamente i mondi contemporanei, a partire da quello che appunto abbiamo visto delinearsi nei vari interventi come uno scenario di crisi - ma che in effetti fa per così dire riflettere su quello che è un momento di svolta possibile.
 
Allora in questo senso direi che la necessità è quella di riflettere con un approccio diciamo di lettura di tipo processuale, quindi per così dire fare la storia, cogliere ciò che accade e in un certo senso posizionarci. Per questo ho scelto tre parole che mi consentono di riprendere alcuni elementi di contraddittori che sono poi ricorsi in più interventi; ma in un certo senso per ragionare sia sulla contraddittorietà delle parole e concetti che potremmo dire della realtà cui fanno riferimento, e quindi in un certo senso riflettere su alcuni problemi. La prospettiva se volete è geopolitica, è stato detto in più di un intervento, perché in un certo senso quello che vorrei invitare a fare è proprio vedere quello che sta accadendo con una prospettiva internazionale, ma per esempio dal sud del mondo; e l'ultimo contributo di Sestili per esempio in questo senso è perfetto, cioè l'immagine che ha dato della differente distribuzione dei vaccini su scala globale e la situazione in Africa secondo me è un elemento cruciale su cui tornare. Così come è importante credo quanto è stato detto nell'intervento di Agnoletto rispetto alla possibilità di impugnare la questione brevetti dei vaccini da parte di alcuni paesi specifici, come appunto l'India e il Sudafrica.
 
Allora su questo secondo me è importante riflettere con una prospettiva, si potrebbe dire, da sud del mondo; recentemente è stato tradotto un libro in italiano di due antropologi, Jean e John Comaroff, che si intitola proprio "Teoria dal sud del mondo". Ma è per noi il sottotitolo interessante ovvero "Come l'euro-america sta evolvendo verso l'Africa". Non è un gioco di parole, in un certo senso fa capire che molti dei fenomeni che stiamo vivendo in questo momento, comprese le pandemie, fanno parte di cambiamenti che (per esempio in quelle che sono state le zone coloniali e che hanno vissuto i processi di decolonizzazione con un impatto forte di politiche di sfruttamento e quindi di estrazione di valore da parte dello sviluppo del capitalismo come lo conosciamo oggi) in effetti sono stati per così dire un effetto laboratorio. Quello che che sta accadendo qui per così dire è già accaduto altrove, forse se vogliamo pensare il futuro non possiamo non guardare altrove. Allora le tre parole cui intendevo fare riferimento sono:
 
1. sindemie (le uso volutamente al plurale),
 
2.territori
 
3. e scenari.
 
Li declino al plurale proprio perché in effetti sono termini che ormai ricorrono spesso nelle discussioni che facciamo; e spesso non ne ricostruiamo la storia, il percorso, non ne facciamo una genealogia. Potremmo dire, sindemia: ha avuto un recente successo il recupero di questo termine per indicare la combinazione sinergica (non a caso si parla di diverse forme di patologia spesso epidemiche che per così dire hanno un effetto combinato). Dovremmo ricordare almeno che l'antropologo Merrill Singer, che l'ha introdotta, in effetti questa cosa l'aveva pensata parecchi anni fa ormai, con riferimento a situazioni e contesti che non erano strettamente correlati alle ultime epidemie che abbiamo vissuto; ma in primo luogo per esempio alla grande se volete epidemia che è come dire la grande assente cioè che è stata appunto l'epidemia di AIDS, quindi in una certa fase del mondo contemporaneo: il modo in cui appunto gli stati di patologia legati a diversi tipi di impatto, di patologie si sono combinati con le disuguaglianze, sociali, le grandi differenze di potere, di classe, economiche.
 
Allora da questo punto di vista per esempio è interessante recuperare l'intervento che Singer ha fatto - proprio per ricordare questi aspetti rispetto a una commissione Lancet relativa all obesità. Allora, una delle grandi epidemie del 2017 in cui si parlava molto era l'obesità. Bene, rispetto al modo in cui ha lavorato quella commissione giustamente Merrill Singer faceva notare che quello che si rischia nell'utilizzare questo termine (semplicemente ragionando sulla pluralità degli stati bio- socio- psico-) ma semplicemente come pluralità senza connetterli ai contesti specifici in cui la combinazione degli elementi diciamo di sofferenza sociale si mobilita e si combinano e quindi creano delle situazioni particolarmente drammatiche - quindi astrarli dai contesti è sostanzialmente un'operazione che non porta a lontano né per cogliere potremmo dire la situazione concreta degli scenari in cui si opera, né tantomeno per pensare al futuro. Futuro qui inteso sia come programmazione, intervento sul piano anche per esempio della prevenzione, ma soprattutto anche come posizionamento sociale rispetto per esempio ad alcuni interessi che sono molto ben delineati (rispetto a quello che è lo stato del sistema, diciamo del capitalismo e del neoliberismo contemporaneo).
 
Il caso quindi per esempio dell'epidemia di obesità correlata all'utilizzo di alimenti con alto tasso di zucchero per esempio in questo senso è particolarmente efficace. Efficace perché ci permette di tornare appunto a quello che diceva Singer, cioè raggruppamento di due o più condizioni di salute e di patologia, all'interno di un contesto particolare che per così dire ne amplifica gli effetti; e l'interazione di queste condizioni attraverso percorsi biologici, sociali e psicologici ma con un coinvolgimento sostanziale dei fattori sociali, politici, economici e ecologici.
 
Ecco che a questo punto pensare il covid 19 in questo senso ci riporta per così dire a ragionare sui contesti reali di vita e anche di azione politica in cui ci muoviamo giorno per giorno, a partire però da questa consapevolezza delle correlazioni che, come abbiamo visto, sono sicuramente di scala internazionale. Secondo punto, è chiaro che questo aspetto per così dire ci riporta a riflettere su un altro termine fondamentale ma che per così dire abbiamo visto per certi versi mutare, mutare di senso, talvolta da svuotare di significato - che è il termine territorio.
 
In Italia in particolare, così come in altri paesi di lingue neolatine, il concetto del territorio è una base di riconoscimento delle capacità di agire delle popolazioni e delle comunità rispetto alla responsabilità su alcune scelte strategiche di salute. Abbiamo poco tempo, ma è evidente che la parola territorio per noi almeno in Italia è fortemente legata alle lotte che hanno portato negli anni Sessanta e Settanta i grandi cambiamenti del sistema pubblico di salute, così come anche delle lotte che poi hanno segnato per così dire dei cambiamenti estremamente avanzati di avanguardia a livello mondiale; come per esempio la lotta contro le istituzioni totali e quindi contro l'istituto dei manicomi che quindi per esempio hanno portato alla legge 180.
 
Quel tipo di territorio era pensato prevalentemente come pluralità di soggetti che in un certo senso entrano in rapporto, talvolta in conflitto, ma che potremmo dire costruiscono degli spazi di trasformazione. E soprattutto però dal punto di vista degli operatori di salute vi era il modo potremmo dire di riformulare la domanda che spesso arrivava ai servizi - che è esattamente l'opposto di quello che stiamo vivendo oggi. Cioè molto spesso quello che si chiede ai servizi territoriali è di dare risposte a domande preformate. Qui naturalmente quello che sto dicendo si aggancia proprio in una fase in cui queste risposte non potevano venire, come si è visto, nella crisi diciamo nella prima fase covid. Ma sono particolarmente evidenti anche in queste situazioni che stiamo vivendo in questo momento rispetto per esempio all'andamento molto frastagliato e estremamente contraddittorio nella fase dei vaccini, nelle varie gestioni a livello regionale delle diverse forme di sanità. Sanità che nella maggioranza dei casi ha subito un impatto drammatico da parte dei processi di aziendalizzazione, con delle logiche diciamo anche dispartitorie e di gestione dei poteri locali. Ma che soprattutto, potremmo dire, tende a riprodurre una logica che è quella di un mercato delle prestazioni sanitarie; per una medicina tendenzialmente ad alta tecnologia, con grossi investimenti ma che evidentemente ha sostanzialmente tagliato fuori la maggioranza di quelli che erano i punti strategici delle politiche di territorio - che erano basate appunto sulla prevenzione.
 
Da questo punto di vista potremmo dire, come è stato detto prima, che molte cose noi già le sapevamo. Nel senso che molte cose si sapevano, e questa cosa è così evidente proprio da una sorta di lavoro comparativo che si può fare su quello che è accaduto negli ultimi anni.
 
Ecco che arrivo alla terza parola chiave, scenari. Nel 2017 un antropologo che si occupa di salute pubblica, Andrew Lakoff, ha pubblicato un libro importante che si intitola proprio Unprepared: Global Health in a Time of Emergency, sostanzialmente "impreparati: la salute globale in un tempo di emergenza". Bene la logica che sta all'interno di quel libro è proprio fare un'analisi storico-politica di quello che è stato il cambiamento potremmo dire della salute internazionale negli ultimi decenni a partire dal fatto che l'OMS su alcuni punti di gestione è per così dire intervenuta sempre più indebolita. A partire dal fatto che c'è stato un drammatico disimpegno da parte degli stati per quanto riguarda le politiche di salute pubblica e in generale poi degli interventi che sono passati attraverso i grandi soggetti diciamo sovranazionali di indirizzo, come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale. Che hanno puntato da un lato sulle politiche appunto di austerity per tagliare il debito pubblico diciamo dei paesi nazionali; e per esempio nei paesi in via di sviluppo dove c'è stato un forte impatto delle cosiddette politiche di aggiustamento strutturale.
 
Questo tipo di impatto, che sostanzialmente come dire è la base strutturante della situazione in cui noi ci troviamo, in realtà ci fa capire anche l'articolazione dello scenario in cui si è abbattuto il covid. Recentemente, qui concludo, Vicente Navarro per esempio, che è uno studioso di salute pubblica collettiva, faceva notare in un certo senso il modo in cui alcune tesi neo liberal hanno per così dire discusso un'evidenza che è stata prima ricordata: cioè il fatto che alcuni paesi del sud est asiatico hanno avuto una reazione (quindi una preparazione, come direbbe Lakoff) completamente diversa da paesi diciamo del nord, dell'euro-america - basati invece sul tipo di medicina basata sul mercato che in un certo senso hanno segnato un fallimento.
 
Bene, uno dei punti fondamentali (che è per esempio il fatto che in quei paesi come è stato detto sono già avvenute delle pandemie - ma che sono sostanzialmente passate inosservate, pensiamo alla Sars e alla Mers) è l'altro elemento importante proprio una sorta di strategia molto precoce di tracciamento; e quindi tentativo di interrompere le catene, di spezzare le catene di trasmissione che in quei contesti si sono avviate a partire appunto da delle capacità se vogliamo di progettazione di intervento che mettono proprio in discussione alcuni degli aspetti di impreparazione dei paesi occidentali che sostengono invece che in quei paesi comunque a basso investimento nella salute pubblica comunque è successo qualcosa di diverso che riguarda il management per [[pensare]] il loro potenziale successo
 
Arrivo al punto concludendo: combinando questi tre termini - quindi sindemia, territori, scenari - ci accorgiamo che forse rispetto a quanto diceva Ardigò poco fa è evidente che potremmo dire che la partita si gioca ovviamente su uno scenario ampio; ma molte di quelle che sono le capacità di mobilitazione riguardano le comunità locali, riguardano i modi in cui costruiamo insieme delle strategie di protezione, di intervento che sono appunto in larga parte legate all'autoorganizzazione, all'autogestione; e che spesso però non hanno formule di riconoscimento, o quando vengono riconosciute potremmo dire cambiano di segno. Il riferimento che faceva Ardigò al capitale sociale è uno di questi classici esempi. Cioé il capitale sociale sembra essere un ricorso nel momento in cui, potremmo dire, il disinvestimento pubblico riconosce che qualcun altro ha fatto un lavoro di legame, di costruzione di opportunità.
 
Bene, di questo probabilmente dovremmo occuparci nei prossimi mesi: cioè di come effettivamente l'organizzazione e l'attivazione delle risorse locali in un certo senso abbiano la possibilità di agire sul livello di riconoscimento politico che metta sostanzialmente in discussione questi meccanismi che continuano a girare in questo modo ormai da alcuni anni a questa parte. Grazie, spero di non aver preso troppo tempo.
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