Buongiorno a tutte e a tutti e un grande ringraziamento a chi ha organizzato questo convegno.
Noi oggi sentiamo parlare di un servizio sanitario nazionale pubblico, gratuito - fino a un certo punto gratuito - e universale. La verità è che decenni di politiche neoliberali hanno quasi completamente privatizzato questo servizio. Posso affermare senza ombra di dubbio che oggi più del 50% della spesa pubblica in sanità, che come prima ha detto la collega proviene dalla fiscalità generale, finisce direttamente nelle mani dei privati: direttamente. Un altro 25%, poi, confluisce nel sistema privato in maniera un po’ più subdola, indiretta tramite le esternalizzazioni; non solo dei servizi cosiddetti no core (pulizie, ristorazione, lavanderie, informatica, vigilanza) ma anche di servizi sanitari. Di fatto quindi oggi in Italia il 75% della spesa pubblica in sanità finisce, direttamente o non, nelle mani dei privati. E questo non è più sopportabile. Ne parlerà meglio più tardi Ubaldo Montaguti, vi invito ad ascoltarlo con attenzione.
Tutti i disastri provocati da questo sistema sanitario privatizzato e ospedalo-centrico sono emersi in maniera lampante durante la pandemia. Per questo io credo che questo convegno sia una grande occasione per noi, perché ci offre la possibilità di confrontarci tra molte entità diverse, a volte profondamente diverse le une dalle altre. Tutte le soggettività che sono presenti oggi sono diverse nelle radici politiche, perché ognuna ha un’estrazione (anche ideologica) diversa dall’altra; diverse nelle forme di lotta, poiché ciascuna lotta con metodi e con strategie differenti; e sono marcate poi da una caratterizzazione identitaria forte. Le realtà che sono presenti oggi in questo convegno, e anzi in generale tutte le realtà che militano nel mondo della sanità, sono tutte marcate da un’identità e da un’autonomia molto forte. Eppure oggi siamo tutti qua. Significa che oltre la nostra diversità siamo uniti da un desiderio comune. Noi oggi siamo tutti qui perché condividiamo una visione di sanità, una visione che è profondamente lontana, anzi, incompatibile con quella che ci viene venduta dal neoliberismo. Io credo che noi oggi siamo qui insieme a partecipare a questo convegno, perché condividiamo un’idea di sanità realmente pubblica, realmente universale e gratuita. Una sanità che parta dalla presa in carico dei bisogni dei cittadini e li soddisfi, e che abbia il coraggio di andare oltre l’attuale modello basato sull’ospedale, per essere invece una sanità radicalmente territoriale. Io credo che noi condividiamo una visione di sanità che sia capillarmente presente sul territorio; che sia capace di autogestirsi; e che sia, prima di tutto, educazione alla salute e prevenzione. Se è vero che abbiamo una visione non dico comune ma condivisa di sanità – non malgrado la nostra diversità, ma proprio nella nostra diversità, grazie alla nostra diversità -- la sfida che vorrei io lanciare oggi è di partecipare insieme alla costruzione di questa visione comune di sanità. Costruiamo un servizio alla salute diverso. Io vi dico: progettiamo noi l’alternativa.
Vedete, tutte le nostre lotte, anche quando sono efficaci, anche quando vincono, hanno il problema che non riescono veramente a sfondare. Tutti i successi, tutte le vittorie che sono state ottenute attraverso la lotta negli ultimi anni, sono sempre stati dei successi in qualche modo locali o parziali, comunque all’interno di un sistema - il neoliberismo - che però alla fine dei conti è sempre riuscito ad avanzare inarrestabile; e lo vediamo oggi drammaticamente durante la pandemia.
Le nostre lotte, permettetemi di dirlo, si sono ridotte a essere una resistenza, un tentativo coraggioso di salvare quello che abbiamo dalle minacce della mercificazione. Io vi dico che noi non dobbiamo smettere di resistere e di lottare, ma dobbiamo anche iniziare a costruire un’alternativa. Se vogliamo veramente vincere dobbiamo passare all’offensiva e progettare un’alternativa che sia totale, per un sistema totalmente nuovo. Criticare le mostruosità del sistema attuale non ci libererà da esso. Noi abbiamo bisogno di costruire propositivamente quello che vogliamo. Ma dobbiamo dire cosa vogliamo, e lo dobbiamo dire in maniera precisa. Dobbiamo dire
come realizzare ciò che desideriamo. Per capirci, dobbiamo dire come sarà la sanità territoriale, come dovranno funzionare gli ospedali, cosa proponiamo al posto delle aziende, cosa proponiamo al posto del direttore generale, come funzionerà il sistema di prevenzione, come funzionerà l’educazione alla salute. Ma tutto questo lo dobbiamo dire in maniera dettagliata. Insomma noi dobbiamo disegnare con precisione un nuovo Servizio Universale alla Salute. Abbiamo le competenze e la capacità per farlo. E nel progettare questa alternativa badate bene non dobbiamo sentirci limitati dalla favola che ci raccontano da anni: la sostenibilità economica. Non dobbiamo cadere in questa trappola perché si tratta di una trappola del tutto inventata dal neoliberismo. Noi abbiamo bisogno di un progetto perché quando si ha un progetto tutte le lotte possono essere incanalate verso un fiume che va nella stessa direzione; e questo fiume può diventare impetuoso. Avere un progetto dà forza alle lotte. E vi dirò di più: solo quando avremo disegnato la nostra visione alternativa di sanità, allora saremo in grado di vincere.
La mia, guardate, non è una chiamata all’unità, me ne guardo bene. Ma è una chiamata forte, è un invito chiaro e diretto ed è rivolto alle soggettività oggi presenti, ma anche ai singoli individui che desiderano dedicare parte del proprio tempo per progettare una riforma rivoluzionaria del servizio sanitario. Nella chat di questa videochiamata abbiamo condiviso una form di raccolta contatti: vi chiediamo di partecipare a questa progettazione. Nei prossimi giorni contatteremo chiunque di voi lascerà il proprio contatto e lavoreremo a questa progettazione. Abbiamo un obiettivo: arrivare al prossimo convegno sulla salute, che probabilmente terremo tra qualche mese, con un disegno chiaro del modello di sanità che vogliamo costruire. Lo presenteremo al prossimo convegno affinché funga da strumento per una lotta comune, ma soprattutto con lo scopo di espandere la progettazione, perché questo progetto è tanto più efficace quanto più è il frutto di un lavoro collettivo. E ricordiamoci che la nostra diversità è una risorsa preziosa, e dobbiamo utilizzarla per costruire un orizzonte futuro comune. Noi abbiamo già iniziato questo lavoro. Lo trovate su un sito, anche questo linkato nella chat, che si chiama centrostudisalutefuturo.org. Abbiamo lavorato ad un’idea di salute capillarmente decentrata e territoriale. Andate sul sito, leggete quello che abbiamo costruito finora, che è ancora all’inizio ma dà già una idea, e diteci in maniera propositiva quello che occorre cambiare, modificare, integrare, migliorare. Insomma permettetemi una metafora: vi chiediamo di assaggiare la torta prima di dire che è cattiva; se la trovate cattiva, non diteci di buttarla; dateci gli ingredienti per migliorarla.
Vado a concludere. Il titolo di questo intervento è “progettare una riforma non riformista”. Con riformista oggi si intende migliorare, magari un po', l’esistente. Noi invece con “riformare” vogliamo dire “dare una nuova forma”, quindi la riforma che vogliamo non può essere riformista come si intende oggi. Deve invece essere una riforma rivoluzionaria dell’attuale sistema. Vi chiediamo con tutto il cuore di partecipare a questo progetto perché siamo certi che questo progetto ci aiuterà a dare forza e successo alle nostre lotte.
Finisco. Quello che ho detto forse a qualcuno potrà sembrare velleitario. Forse lo è, ma noi crediamo fermamente che i successi e i grandi cambiamenti, come ci insegna la storia, si ottengano soltanto quando c’è l’utopia. L’utopia! Noi dobbiamo riappropriarci della capacità di sognare un futuro diverso, alternativo, migliore, e progettarlo! E ciò è un dovere per noi, e lo è soprattutto pensando alle generazioni future. Grazie.